Dove si ergevano i cardini di antiche civiltà fortificate da radicati dogmi, ora sorgono metropoli affollate e caotiche, prive di qualsiasi valore. Affamati di potere e ricchezza, abbiamo finito per cibarci voracemente del nostro sfrenato ego, estraniandoci dalla realtà e rifiutando, muti, la vita per come ci fu raccontata dai primi profeti.
Abbiamo anestetizzato i nostri sensi, annichilito sul nascere quella fastidiosa e corrosiva volontà che ci spingeva a penetrare la vera essenza delle cose: pian piano, come docili bestie ammaestrate, ci siamo abituati a vedere soltanto quello che non ci disturba. È ironico come ormai solo le emozioni più brutali e dolorose, ci costringono a vedere con limpida e sgradita chiarezza ciò che più si avvicina alla verità pura.
Nessuna dottrina ha abbastanza forza e autorità per prevalere sull’altra: sia vecchie che nuove credenze sembrano trarne vigore, ognuna predicando il possesso della verità consapevoli di percepirne solo una minima sfumatura. Supportati da una distorta morale e dietro una maschera fatta di sorrisi al silicone, nascondiamo le passioni più primitive ed insane, che si tramutano inesorabili in malate perversioni.
La veglia è un susseguirsi di illusori rapporti. I sogni sembrano assumere forme reali, tormentandoci. I nostri corpi, le nostre azioni, sono lo specchio riflettente dell’orrore che ci pervade, che assimiliamo camminando tra strade tutte uguali, tra individui indifferenti e ciechi di fronte all’estenuante rincorsa a ciò che ci rende conformi. D’altronde, ogni uomo ha i suoi demoni, il suo purgatorio privato da combattere.
In questi giorni così bui, la follia non è più solo il tormento di pochi sfortunati: quando non riusciamo a mantenere il controllo sulla nostra mente, essa prende a contorcersi con violenza, facendoci perdere del tutto il contatto con noi stessi. Ed è come vagare in un interminabile labirinto, tra voci sconnesse e anime perdute.